Centro Linguistico d'Ateneo

Il Centro Linguistico di Ateneo dell'Università di Perugia occupa un vasto edificio, di storia e struttura straordinariamente composite. Sono state in realtà proprio le alterne vicende che hanno segnato le varie fasi costruttive del complesso edilizio a determinarne l'aspetto, così come si è venuto evolvendo fin dal XIII secolo.
A volerne ripercorrere brevemente la storia, quindi, bisogna tornare al medioevo comunale di Perugia, il periodo, cioè, in cui la città acquistò una sua precisa determinazione politica, si dette un volto e un'espressione, un'individualità anche architettonica conforme alla prosperità del comune e all'importante presenza di congregazioni religiose e movimenti mistici di vario tipo. Perugia è la città che nel '200 vede nascere il movimento dei Flagellanti, inventa il "conclave" per accelerare l'elezione di Onorio III, fa erigere la bella chiesa romanica di San Bevignate a ricordo del famoso santo eremita che era vissuto in quel luogo. Non distante da questa antica chiesa, che si erge solitaria e severa in una zona ancora quasi campestre a non più di un chilometro dal centro cittadino, venne fondato negli stessi anni il Monastero di Santa Cecilia, primo nucleo dell'attuale sede del CLA.

L. Eusebi - Augusta Perusia - 1626Alcuni tratti murari in pietra arenaria costituiscono l'unica testimonianza del Monastero, che nel XV secolo, morte tutte le monache, decadde in uno stato di completo abbandono. L'edificio in rovina e l'area su cui sorgeva erano proprietà del capitolo della cattedrale, così che dovettero rivolgersi al vescovo i frati cappuccini di Montemalbe per chiedere l'attribuzione dei ruderi residui e del terreno circostante; i frati avevano infatti l'intenzione di ricostruire lì un convento più vicino alla città di quello originario di Santa Maria del Sasso, immerso in fitte foreste di querce e castagni a circa dieci chilometri da Perugia. In realtà la richiesta dei frati fu vivacemente contrastata dalle monache del monastero di Monteluce, che, ritenendo sconveniente che un ordine monastico maschile trovasse posto così vicino al loro, invocarono addirittura un intervento censorio del papa. Ma il pontefice preferì non dare giudizi aprioristici, e incaricò il cardinale Fulvio della Corgna, allora vescovo di Perugia, di occuparsi della misurazione della distanza che intercorreva fra i due monasteri: misurazione che richiese l'intervento del Magistrato, del Governatore, del Vicario esonerale, del Rettore dei Gesuiti, e del famoso architetto perugino Galeazzo Alessi, che in quegli anni lavorava alla cappella e alla sala del Consiglio del Palazzo dei Priori. Il responso fu favorevole all'edificazione del nuovo convento, che venne ultimato nel 1571 e intitolato a Santa Maria della Pace, a ricordo della vittoria cristiana sui turchi, ottenuta a Lepanto proprio in quell'anno. La parte della vasta area di campagna attigua al convento dei cappuccini, acquistata da Adriano Montemelini, conte di Gualandro, venne chiamata Luogo Nuovo, toponimo ancora in uso per indicare la zona sotto Monteluce.

L'impianto della fabbrica cinquecentesca, per quanto più volte descritto dagli storici e rappresentato nelle vedute e nelle piante della città, risulta oggi di difficile individuazione; è comunque ipotizzabile che la chiesa fosse situata in corrispondenza della biblioteca, che il chiostro coincidesse con quello attuale, sebbene a quota più bassa, che le celle si sviluppassero per due piani tutt'intorno al chiostro, e che il convento fosse separato dalla strada da un alto muro di cinta che forse corrisponde a quello tuttora esistente.

Le difficoltà che si incontrano nella decifrazione dell'edificio sono dovute alle numerose trasformazioni subite dal convento soprattutto nei secoli XVII e XVIII, e al fatto che ampliamenti e modifiche furono fatti utilizzando i materiali di recupero sia di Santa Maria della Pace che del più antico Monastero di Santa Cecilia, integrati da forniture più recenti. Le strutture murarie consistono intatti sia di blocchi di arenaria (provenienti dal monastero originario), che di blocchi di pietra calcarea mista a mattoni (materiali costruttivi abituali negli edifici quattro-cinquecenteschi), che di laterizi più tardi. Quanto alla chiesa annessa al convento, che rimase attiva fino all'800, se ne hanno testimonianze che la descrivono come di modeste dimensioni ma ricca di quadri (alcuni erano riproduzioni degli originali presenti nella chiesa della Concezione a Roma), statue e arredi di pregio. La chiesa doveva essere ritenuta di notevole prestigio, se molti religiosi vi vennero sepolti fino al 1820, e comunque costituì un punto di riferimento significativo per la vita della città, come testimoniano alcuni episodi che la riguardano. Ad esempio nel corso del'700 era nata la consuetudine secondo la quale la Compagnia de' Cavalcanti e Cocchieri, nel portare solennemente cospicui tributi al convento, presentava alla chiesa anche i muli e i cavalli per farli benedire, in una processione detta "la Cavalcata".   La fase successiva della storia del convento comincia quando questo, che era divenuto proprietà dell'Ospedale della Misericordia, venne acquistato dal direttore del Manicomio di Perugia, che era, all'epoca, il dottor Francesco Bonucci, nominato alla carica dalla Congregazione di Carità nel 1868.

La pianta di Perugia del Cardinale Giuseppe Bofondi - 1851Una pianta rilevata fra il 1835 e il 1859 raffigura ancora il convento circondato da una vasta zona a verde, mentre l'aggiornamento delle piante catastali del 1874 mostra già alcuni cambiamenti nell'attribuzione delle particelle. Fra il 1891 e il 1894 la proprietà viene trasferita dalla famiglia Bonucci alla Provincia di Perugia, che, intenzionata a estendere e potenziare le strutture socio- sanitarie del vicino Manicomio di Santa Margherita, trasforma l'edificio realizzando il Padiglione Bonucci, "colonia industriale" della sezione femminile dell'ospedale, che comprendeva il comparto delle infermiere con 64 letti e il comparto delle dementi tranquille con 85 letti. A questa fase corrisponde un ulteriore aggiornamento catastale, in cui si nota che il complesso ha subito una regolarizzazione: alcuni edifici adiacenti sono scomparsi e l'estensione del territorio di pertinenza è stata ridotta. Il nuovo Padiglione ricalcava certamente gran parte delle strutture del convento, soprattutto per ciò che riguarda la forma, l'estensione, gli elementi di collegamento verticale e le strutture perimetrali fino a una certa quota: mentre alcune parti strutturali, le aperture, le finiture, le decorazioni, la distribuzione interna, il linguaggio architettonico e l'ampliamento in altezza dell'edificio furono invece realizzati ex novo alla fine dell'800. Tra l'altro vennero costruite attrezzature come un mulino, un panificio, un pastificio, un guardaroba, laboratori tessili e cucine, che a partire dagli anni '20 del 900 fecero del manicomio un villaggio del tutto autonomo. Nel 1928 viene addirittura costruito un teatro per 300 posti, che nel 1936 viene dotato di un cinematografo sonoro: negli stessi anni si allestiscono anche un bar e un piccolo spaccio alimentare. Oltre a questo, naturalmente, si adeguò via via il Padiglione dal punto di vista strutturale e architettonico sostituendo i vecchi pavimenti con nuove piastrelle di graniglia, sovrapponendo nuove tinteggiature alle precedenti, costruendo tramezzi murari, rinnovando gli impianti, consolidando alcune strutture e cercando di bonificare, inutilmente, la devastante umidità che permeava le murature degli ambienti seminterrati.

L'edificio cadde in disuso già negli anni '70, finché venne totalmente dismesso nel 1980 in seguito alla riforma ispirata da Franco Basaglia, che sopprimeva gli ospedali psichiatrici e trasferiva l'assistenza dei malati mentali alle Unità Sanitarie Locali. L'aspetto odierno del grande edificio che ospita il Centro Linguistico di Ateneo è dunque quello di un ricco palinsesto storico-architettonico in cui è possibile leggere le tracce delle molteplici presenze che l'hanno costituito e modificato nel corso dei secoli. Così, mentre l'impianto tipologico conserva un aspetto tipicamente monastico, la disposizione degli ambienti e alcune decorazioni residue sono testimonianza delle ristrutturazioni otto-novecentesche. La bellezza e l'interesse dell'intero complesso risiedono proprio nella storia che ancora si legge nelle pietre, nella permanenza di antiche volte e arcate ora inglobate nelle murature, nella presenza di elementi eccezionali come l'antica cisterna sottostante il chiostro, il sistema di riscaldamento della chiesa, e il "nevaio" in cui i monaci pressavano d'inverno la neve che sarebbe servita a rinfrescare i cibi d'estate. Il contesto paesaggistico in cui l'ex convento s'inserisce non è da meno, situato com'è lungo l'antica via per Assisi, al margine di una delle forre che si dipartono a raggiera dal centro della città, spalancate sull'ampio e dolcissimo panorama collinare umbro. Tipicamente umbra, del resto, è la natura stessa dell'edificio, il cui presente rivive in sé il passato senza distacco, come una compresenza di epoche accumulate le une sulle altre, vive tutte della stessa linfa che le unisce da lontane e profonde radici.

 


Testo a cura della prof.ssa Francesca Montesperelli.

Fonte: arch. Simona Salvo, Relazione Tecnica sul Progetto di Restauro del Padiglione Bonucci.

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